L’arte di saper togliere…

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Un paio di anni fa qualcuno mi disse che per far star bene un cane bisognava “togliere”, non aggiungere.

Ho ripensato a questa affermazione ieri sera, mentre guardavo Luna stesa beatamente sul divano di fianco a me, come solo un cane appagato e sereno può essere dopo una giornata “da cane”.

E pensavo che a un cane come Luna (ma forse a molti cani, se non tutti) non occorre fare mille attività, frequentare un affollato e caotico campetto, svuotare voracemente un Kong, dare prova di abilità con i problem solving. Guardando come vive lei adesso mi sembrano tutte cose in più, tutte “sovrastrutture” che aggiungiamo noi proprietari per sentirci meno in colpa nei loro confronti e forse anche nei nostri. Perché tutte queste attività un cane le può fare senza forzature, scegliendo i propri tempi e spazi, nel modo più naturale possibile.

Faccio un po’ fatica a mettere in parole questi miei pensieri che nascono dall’osservazione e dall’ammirazione della vita di Luna negli ultimi mesi, da cui ho imparato tanto anche su di me e per me. Mi rendo conto che non tutti potranno capire o condividere quello che sto scrivendo, ma guardando come si comporta e come si muove nel mondo mi rendo conto ogni giorno di più di cosa significhi “essere cane” e di quanto possa bastare poco ad un cane per stare davvero bene. Per questo togliere e non aggiungere. E la stessa cosa la sto notando su di me.

Ma torniamo a Luna. Non è che lei non si dedichi al problem solving, ma non ho più bisogno di riempirle di premietti cassettini di giochi perché lei lo faccia: basta un sacchetto di biscotti durante la cena e lei, con una perizia che farebbe sbiancare chiunque, tiene fermo il sacchetto a terra con le zampe mentre ne estrae, uno a uno, i biscotti. Per poi ultimare l’operazione facendo a pezzi il sacchetto alla ricerca delle briciole.

Nose working? Come e quando vuole lei, alla ricerca di talpe, arvicole, peli di animali uccisi durante la notte da altri animali, seguendo tracce per terra e nell’aria. Vederla annusare l’aria è magnifico. Me lo ha fatto notare anche stamattina un vicino di casa.

Mobility/agility? Camminare destreggiandosi tra i ricci di castagne per non ferirsi, muoversi volando su tappeti di foglie che non si sa quanto siano profondi senza farsi male, salire e scendere da dirupi come una capretta esperta, guadare o saltare torrenti (la scelta dipende dalla profondità dell’acqua, dalla rapidità della corrente e da altri mille fattori che lei conosce e che la fanno decidere sul da farsi di volta in volta), camminare su tronchi appena tagliati, o in terreni umidi calibrando sempre il movimento per non sprofondare, salire su tavoli e panchine, pietre e massi. Certo, solitamente non sono io a chiederle tutto ciò e lei non è per me che lo fa, lo fa per sé stessa e per il piacere di scoprire, cercare, sperimentare e sperimentarsi, ma non è forse bello così? Noi ci muoviamo insieme, lei segue i suoi percorsi, io i miei, a volte io seguo lei e mi metto alla prova, altre volte è lei a seguire me, ma è sempre quella più agile e meno in difficoltà.

E il momento più bello? Quando io senza dirle nulla mi fermo e mi siedo a guardare, riflettere, riposare. Non ho bisogno di dire nulla, so già che se mi volto lei sarà da qualche parte seduta ad aspettarmi, o a scavare alla ricerca di qualcosa. Ma sarà sempre in un punto dal quale potrà vedermi e sapere che siamo insieme.

Socializzazione con i conspecifici? Solo un esempio: 2 maremmani e 2 cani pastori conosciuti piano piano, studiati e osservati da lontano, con cui riesce a interagire in un “4 contro 1” che incanterebbe il più esperto educatore cinofilo…

Socializzazione con gli umani? Da quando ha totale libertà di manovra su tempi e spazi, è un cane estremamente socievole che va incontro agli sconosciuti e si rapporta con loro a seconda di ciò che sente nei loro confronti. Un esempio: di recente è venuto a trovarci Luca Spennacchio, per lei un totale sconosciuto ma per me un grande amico, e lei lo ha “riconosciuto” subito come amico.

Che dire: guardarla è un piacere per gli occhi e il cuore e sapere che anche gli altri hanno la stessa sensazione mi dà conferma di quello che vedo io ogni giorno.

A Luna basta fare ciò che è insito nella sua natura, poter scegliere i momenti di riposo, i luoghi, i tipi di interazione. Qui non le è stato aggiunto nulla di materiale: in giardino ha una cuccia vecchia che ci portiamo dietro da anni, anche se preferisce l’erba, la terra e la neve fresca; in casa ha il suo vecchio divano, ma in casa ci sta soltanto di notte e non vorrebbe mai rientrare. L’unica cosa che la spaventa e la fa stare dentro è il vento forte. Niente giochi, niente premietti, solo qualche pezzo di trippa o acciuga essiccate ogni tanto per integrare la sua dieta e farla sgranocchiare un po’. Quando decide che ha voglia di giocare comincia a correre e io capisco che se le lancerò un legnetto per 3-4 volte lei me lo riporterà, o che è pronta a un tira e molla di pochi minuti. Se io parto nella corsa lei mi segue gioiosa, per poi fermarsi e sedersi con me a riposare. Non le serve molto altro. Ha la libertà di abbaiare (con tonalità e intensità diverse) quando passa un’auto, una persona o ci sono animali vicini (soprattutto cani o cinghiali). Ha la libertà di muoversi da sola, se vuole, non essendoci recinzioni. Ma se guardo fuori dalla finestra so già che sarà alla portata dei miei occhi perché per muoversi mi aspetta, le piace esplorare insieme a me, condividere i momenti della passeggiata. Ha la libertà di scegliere cosa fare. Conosce gli orari dei pasti perché è lei ad averli scelti, qui ha “deciso” di anticipare la cena e a una certa ora arriva, si siede davanti alla porta d’ingresso, dà una leggera zampata e io so che si è fatta quell’ora… Stessa cosa se vuole entrare: si siede, zampata… e aspetta.

Questo è stato togliere per lei, e per me è stata la stessa cosa. Non è stato subito facile, anzi… ho imparato guardando lei.

Fino a poco tempo fa credevo di dover fare, e anche tanto, per farla stare bene. Ero io che l’avevo scelta, salvandola dal suo destino di randagia abbandonata (!!!) quindi era compito mio occuparmi del suo benessere, adoperarmi affinché si sentisse sé stessa. In realtà lei mi ha insegnato che non devo fare, aggiungere… ma semplicemente permetterle di esprimersi e concedere questa possibilità anche a me. Perché se io sono serena, lei è serena (e viceversa).

In effetti ho notato lo stesso su di me: più tolgo, meglio sto, in termini di forzature, sovrastrutture, imposizioni e doveri. Semplicemente (ma forse mica così tanto) avevo bisogno anch’io di recuperare la mia parte “selvatica” per essere più sociale. Sembra strano a dirsi, eppure è così.

Forse più che togliere/aggiungere si tratta di restituire/recuperare, spogliarsi ma per tornare a qualcosa che è già dentro di noi e che dobbiamo solo ritrovare.

Sempre il mio saggio vicino mi ha detto: “Una volta qui i cani erano tutti come Luna: ogni cascina aveva il suo, e nonostante fosse libero di andare, se ne stava sempre vicino a casa, aspettando il proprietario per muoversi insieme a lui”.

Perché stupirsi tanto di cose così semplici e naturali, addirittura scontate? Forse perché siamo abituati ad avere, volere, accumulare e fare per non restare soli con noi stessi e guardarci dentro spogliandoci di tutto per riscoprire chi siamo in realtà?

Fa molta paura questo processo, può anche essere lungo e doloroso (i miei primi mesi qui non sono stati solo rose e fiori) ma riuscirci porta a una condizione di pace e serenità difficilmente raggiungibile in altro modo.